Complici di morti: donne che ci salveranno
postato il 29 Nov 2022“Abbiamo sbagliato e chiediamo scusa” Chi abdica questo sistema non versa lacrime di coccodrillo in cordoglio ma dice questa frase, suggerita da un giornalista indignato su La7, durante l’intervista al sindaco di Lacco Ameno, che già ieri mi aveva fatto una pessima impressione. Poi, come dice e ha fatto Renzo Piano a Genova, “adesso curiamola”. Un’isola distrutta dall’incuria e dall’abusivismo, come del resto la stragrande parte del nostro territorio, fragile e bellissimo, al centro dei rischi aumentati in modo esponenziale dalla inarrestata crisi climatica.
I condoni creano consenso e illusoriamente portano risorse alle casse dello Stato, in realtà le spese dovute per affrontare i disastri conseguenti all’abusivismo sono molto più alte. I piani di sicurezza e le bonifiche, gli abbattimenti delle costruzioni abusive sono impopolari. Lo spoil sistem che ogni nuovo gruppo di governo pratica, cancella ogni volta le cose che funzionano e poi non recupera ma si riempie di nuovi collaboratori fidati che poi non sanno mantenere le promesse elettorali. Stamani è stato spiegato a La7 da D’Angelis come Conte, Salvini e il ministro Costa hanno cancellato in un giorno la preziosa esperienza di Italia sicura, pare per fare cassa ma in realtà per liberarsi di chi aveva collaborato con il governo precedente, cancellando anche dalla rete qualunque traccia del lavoro fatto.
Concordo con Paola Balducci, ecofemminista con una grande esperienza politico-giuridica, che scrive oggi in rete “il Macrotema è’ la mancanza di prevenzione: i condoni e le richieste di condono; gli ampliamenti degli edifici abusivi costruiti in luoghi ad altissimo rischio. I mutamenti climatici ormai accelerano in modo violentissimo la distruzione di case, di vite e luoghi . Il disboscamento selvaggio a favore del cemento che in modo irreparabile viola i territori, che altera il paesaggio, ma soprattutto fa mancare una consolidata tutela contro le inondazioni selvagge. La burocrazia lenta, farraginosa e soprattutto l’assenza ancora oggi di un piano nazionale sul dissesto ambientale e idrogeologico e la individuazione di un solo ente che verifichi le situazioni di criticità e imponga una snella disciplina, non solo per i casi come Ischia, ma per il nostro straordinario ma fragilissimo Paese . Non dobbiamo più piangere i morti o investire somme ingenti per la ricostruzione ma prevenire con norme chiare applicate velocemente e sanzionare con tutti i mezzi chi mette a repentaglio vite, territori e risorse”.
Ma come facciamo a farlo succedere?
Mi sembra interessante riprendere parte dell’articolo che la giornalista Paola Peduzzi scrive oggi su Il foglio, con il titolo: Il potere dei popoli.
“La resistenza dell’Ucraina si è trasformata in una nuova economia domestica fatta di consigli e di solidarietà: come creare fonti di calore non pericolose, dove trovare la legna da bruciare, come tenere acceso un fuoco per più tempo possibile. E’ questa l’ultima espressione dello straordinario carattere ucraino, indomito e adattabile al tempo stesso, pronto a tutto pur di preservare la propria libertà e ricostruire sulle macerie la sua normalità.
Questo carattere è anche contagioso. Non è possibile guardare le proteste che vanno avanti da più di settanta giorni in Iran e quelle nuove, spontanee e determinate in Cina senza intravedere un filo rosso che si srotola dall’Ucraina e che collega la voglia di libertà e di normalità di molti altri popoli. Tendiamo sempre a parlare dei regimi e non delle persone, anzi l’approccio realista alla politica internazionale è fatta proprio di molti dibattiti sui sistemi di potere e i loro leader e di pochissima attenzione alle persone e alla loro forza. Invece quella che stiamo vedendo adesso è proprio una storia di popoli che dicono: basta… In Iran la protesta che nasceva dall’uccisione da parte della polizia morale di una ragazza “mal velata” è diventata una lotta che attraversa tutto il paese, inteso in senso geografico e in senso sociale. Le serrande del bazar abbassate in segno di solidarietà con i manifestanti sono un segnale; i proprietari dei bar che non danno più le multe alle ragazze che si presentano senza velo rischiando loro stessi delle punizioni sono un segnale; Farideh Moradkhani, la nipote della Guida suprema Ali Khamenei, che paragona suo zio ad altri dittatori, grida lo slogan della protesta, donna-vita-libertà, e viene arrestata è un segnale; i manifestanti che gridano ai mullah, sulla banchina della metropolitana di Teheran, “noi siamo liberi” sono un segnale; la dimensione delle proteste nonostante siano state arrestate 14 mila persone, nonostante i racconti e le prime esecuzioni del regime sono un segnale. E’ il mondo che cambia, perché la vessazione di un regime è diventata intollerabile e anche perché qualcuno, da tutt’altra parte e in tutt’altre condizioni, dimostra che si può fare.”
Stamani la Comencini diceva che quando le donne escono pubblicamente a ribellarsi trascinano i popoli e la rivoluzione diventa inarrestabile. Ne siamo profondamente convinte e sappiamo vedere con chiarezza e denunciare i danni fatti da uomini potenti a cui bisogna togliere la complicità per trascinare con noi uomini disertori dal patriarcato.
Dopo Ischia e tanti bambini e giovani travolti dal fango spero proprio che anche in Italia ci ribelliamo.
Commenti:
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mi dispiace Laura, la storia dice che in Italia non riusciamo a ribellarci…
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Ci si ribella sì ma solo in condizioni di vessazioni estreme. Noi invece siamo ancora un Paese che sta meglio di tanti altri per molti aspetti e la percezione generale è che stiamo molto al di sotto della soglia di intollerabilità.
Più che ispirarci all’Ucraina o all’Iran dobbiamo avere la pazienza di collegare tra loro le donne italiane per battere e ribattere un tasto, per esempio questa enormità del Piano idrogeologico nazionale, di cui tutti parlano da 50 anni ma che nessuno fa.
A questo punto ci conviene puntare sul “gutta cavat lapidem”, la goccia scava la pietra. -
lo spero da sempre, continuerò sempre a sperarlo,