vecchi e nuovi tempi

postato il 5 Set 2024
vecchi e nuovi tempi

Di fronte alle recenti violenze e assassini di giovanissimi, senza movente apparente, una grande angoscia mi ha invasa pensando a che mondo e a che umanità incontreranno i miei nipoti, compreso il più piccolo che sta per compiere tre anni e ha una capacità di linguaggio e empatia che mi sorprende ogni volta.

Mi ha sempre stupita la facilità di procurarsi armi negli Stati Uniti e sono rassicurata dall’attenzione che nel nostro paese, come in Europa, comporta il possesso di armi. Contenere la possibilità d’acquisto e d’uso limita la possibilità di stragi. Ma la facilità di usare coltelli per ferire e uccidere, coltelli che si prendono nel cassetto della cucina, ne fa ormai l’arma più diffusa.

L’assassino di Sharon Verzeni, quel Moussa Sangare tanto bravo ragazzo che aveva già minacciato con il coltello sua sorella e si drogava da tempo, non era seguito da nessuno. Tre denunce erano state fatte precedentemente dalla famiglia al sindaco e agli assistenti sociali, era stato attivato un codice rosso e come conseguenza lui si era dileguato per settimane, per tornare ad occupare l’alloggio del piano terra che si era nel frattempo liberato. Il ragazzo, la cui avvocata sostiene che non aveva premeditato il delitto, quella sera era uscito da casa con 4 coltelli, e a suo dire, con la voglia di uccidere. Aveva anche minacciato sul suo percorso due adolescenti senza motivo, ma non li aveva aggrediti forse perché non così sicuro di avere la meglio nei loro confronti. Non aveva aspettato invece ad aggredire la ragazza inerme che aveva incontrato poco dopo sul suo cammino a cui aveva chiesto scusa per quello che stava per succedere incurante di fermarsi con lei che gli chiedeva disperata: “Perché, perché?”.

Invece l’autore diciassettenne della strage famigliare in cui ha accoltellato nel sonno il fratellino e poi i genitori accorsi sentendo le grida, oscilla nelle sue dichiarazioni in procura, tra la premeditazione che gli aveva fatto considerare la possibilità di accoltellare il giorno prima, e il sostenere che l’angoscia di vivere l’aveva improvvisamente spinto al desiderio irrefrenabile di uccidere la sua famiglia per liberarsi. “Mi sentivo oppresso” ha detto per spiegare le 68 coltellate.

Nel frattempo tutta la scena pubblica è occupata dalle vicende di questo pessimo ministro della cultura Sangiuliano, noto per le sue numerose gaffes, e dalla sua amante, con le loro esternazioni e i loro comportamenti poco istituzionali. Modelli di adulti che possono solo essere ridicolizzati da giovani che ne seguissero occasionalmente le vicende per tornare poi agli scambi in rete che hanno sostituito la fisicità degli incontri, che era fortunatamente garantita ai tempi della mia giovinezza, pur con tutti i limiti e vincoli della società di allora.

Mi sono quindi riletta con cura una ricostruzione delle ribellioni all’Università di Trento dal ‘66 in poi, quando mi sono iscritta da Torino per poter frequentare sociologia. Sono poi passata alla facoltà di filosofia a Torino, approfittando della riforma universitaria che aboliva lo sbarramento per chi aveva un diploma tecnico, come il mio di ragioneria. Quando è nata mia figlia nel 1970, a sette mesi, tornavo in treno dopo aver dato 4 esami con Arrighi, a cui sarò per sempre grata per il clima aperto che ha promosso e per aver vinto sulle resistenze accademiche e culturali contro questo nuovo indirizzo cosi contrastato dall’elite accademica e sociale che governava l’università e la città.

Trento è la prima città italiana, insieme a Milano e Roma, in cui fa la sua comparsa il neofemminismo della seconda metà del novecento. Qui nasce uno dei primi collettivi femministi, il Cerchio spezzato[1], all’interno dell’università dove era cominciata la ribellione sessantottina allo status quo democristiano di Andreotti, e di Piccoli a Trento. Craxi entrerà in gioco, promuovendo il pentapartito, che manterrà il potere in Italia nel decennio 80/90.

La piccola e conservatrice Trento, diventata sede universitaria, con la fondazione dell’Istituto superiore di Scienze sociali, ad opera del democristiano Bruno Kessler, sarà protagonista delle prime lotte studentesche e femministe. “Un esperimento di ‘modernizzazione moderata’ che andrà ben oltre le iniziali intenzioni della locale classe dirigente, esploderà nella rivolta mondiale del ‘68 (che a Trento però comincia in anticipo, con due occupazioni già nel 1966). L’attenzione analitica si concentra sul “‘68 delle sociologhe”. Si tratta di un gruppo di studentesse di sociologia che con l’esperienza movimentista del ’68, si mette alla ricerca di forme autonome della politica.”[2]

Io dovevo seguire le lezioni dalla mia città, con un gruppetto di studenti, tra cui il leader di Potere operaio Dalmaviva, e incominciavo la mia esperienza politica direttamente alle porte della Fiat Mirafiori insieme al collettivo di Luisa Passerini che aveva collegamenti politici e precedente conoscenza con Alberoni, che diventato preside a Trento, aveva portato con sé l’esperienza maturata nel movimento politico che aveva fondato con Luisa e che aveva dato vita ad il gruppo con pretese nazionali, chiamato Gramsci. Nel periodo 1965-1985. Il lavoro di ricostruzione e interpretazione ha messo in dialogo due approcci disciplinari: da una parte la sociologia
dei movimenti sociali e, dall’altra, la storia delle donne. Credo che il femminismo odierno non debba dimenticare questa fase storica, e l’esperienza che parte dalle studentesse di Cerchio spezzato. Ma questo bagaglio culturalpolitico va fatto emergere dal buio in cui il patriarcato l’ha come al solito nascosto. Altrimenti se genitori ed educatori si basano ormai, come avviene per i ragazzi, solo sulle cose che circolano quotidianamente in rete o nei media, lasceremo senza guida e punti di riferimento indispensabili adolescenti frustrati, drogati, violenti e senza modelli costruttivi. Il mio appello al movimento ecofemminista è come al solito di unire e allargare il confronto e raggiungere il più presto la capacità di guidare i processi in atto.

 

 

[1] http://www.universitadelledonne.it/cerchiosp.htm

[2] Elisa Bellé, Non c’è rivoluzione senza liberazione della donna. La nascita del movimento femminista a Trento, dentro e oltre il ’68, Franco Angeli, Milano, 2021

 

Commenti:

  • Paola Cavallari 5 Settembre 2024

    Molto bella la tua ricostruzione di quei tempi, tempi memorabili anche per me. Peccato non riuscire ad avanzare con l Ecofemminismo.

Commenta

Lascia un commento

Chiudi

Un'esperienza su misura

Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.

Cookie utilizzati

Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.

Cookie tecnici necessari

I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.

Prima parte1

cm_cookie_lauracima